Articoli - 28 dicembre 2008
Maria donna di vita nuova
Papa Benedetto XVI: Combattere la povertà, costruire la pace
Il primo giorno dell’anno civile è posto sotto la protezione di Maria che proclamiamo Madre di Dio un titolo importante (un dogma di fede) che risale al Concilio di Efeso del 431. Maria è una madre un po’ particolare perché - come più volte detto durante queste feste natalizie - la sua maternità nei confronti nostri e di suo figlio Gesù nasce dal suo essere prima di tutto discepola. Lei non ha vissuto il suo essere madre del Figlio di Dio come un vanto, un privilegio che la distanziava dagli uomini o la faceva sentire in qualche modo superiore, al contrario dal suo essere madre di Gesù nasce la sua vocazione al servizio, all’attenzione ai poveri alla vita semplice. Ha incarnato quella beatitudine che dice di essere “poveri in spirito” (Mt 5,3) e cioè di sapere che la vita e il tempo appartengono a Dio di cui ci si può fidare, e che quindi tutta la nostra vita deve essere vissuta con un certo stile.
Di questo stile ne parla il Santo Padre nel messaggio per la giornata mondiale della pace - che si celebra ogni 1 gennaio - e che ha intitolato “Combattere la povertà, costruire la pace”: se è vero quello che il Concilio Vaticano II dice all’inizio della Gaudium et spes che cioè “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” allora la povertà di tutti i tipi è qualcosa che riguarda anche me. La globalizzazione non deve essere considerata solo dal punto di vista economico, ma dovrebbe “rivestire anche un significato spirituale e morale, sollecitando a guardare ai poveri nella consapevole prospettiva di essere tutti partecipi di un unico progetto divino, quello della vocazione a costituire un'unica famiglia in cui tutti – individui, popoli e nazioni – regolino i loro comportamenti improntandoli ai principi di fraternità e di responsabilità”. Si dovrebbe sviluppare una forte solidarietà globale tra i Paesi ricchi e quelli poveri per cui non dovrebbe più essere il 20% della popolazione mondiale a consumare l’80% delle risorse ma attraverso leggi finalizzate ad una giusta ed equa economia ci dovrebbe essere una giusta ripartizione dei beni puntando allo sviluppo di ogni Nazione e Popolo, lasciando la strada dell’assistenzialismo e puntando alla promozione della persona. “La marginalizzazione dei poveri del pianeta - continua il Papa - può trovare validi strumenti di riscatto nella globalizzazione solo se ogni uomo si sentirà personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad esse connesse. [...] Nell'Enciclica Centesimus annus, Giovanni Paolo II ammoniva circa la necessità di « abbandonare la mentalità che considera i poveri – persone e popoli – come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto ». « I poveri – egli scriveva - chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero »[...]La globalizzazione da sola è incapace di costruire la pace e, in molti casi, anzi, crea divisioni e conflitti. Essa rivela piuttosto un bisogno: quello di essere orientata verso un obiettivo di profonda solidarietà che miri al bene di ognuno e di tutti”.
A ciascuno di noi è chiesto di fare la sua parte senza tirarsi indietro: una Chiesa viva è quella che senza indugio sa portare la luce della capanna di Betlemme anche nelle vie più buie del suo territorio, nelle pieghe più dolorose della vita nei posti più segnati dall’emarginazione e dal degrado.
Questo, infatti, è quello che Maria Madre di Dio e nostra ci insegna e ci invita a fare: “Fate tutto quello che Egli vi dirà”(Gv 2,5)
don Luca