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I grandi dono che ciascuno di noi riceve da Dio

Articoli - 16 novembre 2014
Il Vangelo di questa Domenica: La parabola dei talenti
I talenti (contrariamente a quanto spesso si dice) non sono le doti o le capacità (intelligenza o altro) che Dio ha dato a ciascuno. Sono piuttosto le responsabilità che siamo chiamati ad assumere. Difatti la parabola racconta che il padrone diede a chi cinque talenti, a chi uno, "secondo le capacità di ciascuno".
I primi due servitori sono l'immagine dell'operosità e dell'intraprendenza: trafficano ciò che è stato loro affidato e consegnano il doppio di quanto hanno ricevuto; sono perciò definiti "buoni e fedeli". Il terzo invece è pigro, passivo: non traffica, non corre rischi, ma si limita a "conservare", e perciò è definito "cattivo e pigro", e "buono a nulla". Il contrasto è dunque fra operosità e pigrizia. Nell'economia della parabola, però, è chiaro che l'attenzione debba cadere soprattutto sul comportamento del servo cattivo.
Il servo pigro ha una sua idea di Dio, e cioè quella di un padrone duro che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso. In una simile concezione di Dio c'è posto soltanto per la paura e la scrupolosa osservanza di ciò che è prescritto: nulla di più e nulla di meno. Il servo non intende correre rischi, e mette al sicuro il denaro, credendosi giusto allorché può ridare al padrone quanto ha ricevuto. Si ritiene sdebitato: "ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo".
ma è una reazione sbagliata. L'ascoltatore della parabola è invitato da Gesù a cambiare prospettiva. Non più la prospettiva della gretta obbedienza e della paura, ma quella dell'amore, che è senza calcoli (non si limita a riconsegnare ciò che ha ricevuto) e senza paura.
Il servo della parabola è rimasto paralizzato dalla paura del rendiconto. La paura lo ha reso inerte e dimissionario,
incapace di correre qualsiasi rischio. E così è divenuto un burocrate senza alcuna intraprendenza.
La parabola, dunque, ha lo scopo di far comprendere la vera natura del rapporto che corre fra Dio e l'uomo. È tutto l'opposto della paura e del timore servile. Il discepolo di Gesù deve muoversi in un rapporto d'amore, dal quale soltanto possono scaturire coraggio, generosità, libertà, persino il coraggio di correre i rischi necessari.
Bruno Maggioni